da Francesca Rizzello | Apr 18, 2017 | Alimenti, Ricette
L’estate è alle porte (per noi salentini è già iniziata 😀 )! Prepariamoci al caldo con un piatto semplice, completo, dal sapore morbido e fresco. Si può consumare caldo o freddo, quindi lo possiamo portare in spiaggia, evitando il solito panino 😉
Per questa ricetta ho utilizzato anche le Lenticchie nere Beluga, un legume di origine asiatica, delicato, dal sapore dolce-aromatico, ottime come contorno, in abbinamento al pesce, nelle insalate o nelle zuppe. Sono tra i legumi a più veloce cottura e non richiedono l’ammollo preventivo.
Ingredienti per 4 persone
- 250 gr di grano saraceno
- 100 gr di piselli
- 100 gr di fave fresche
- 100g di lenticchie nere Beluga
- 1 mazzetto di punte di asparagi
- 3 carote
- 3 zucchine
- 1 limone biologico (scorza)
- basilico
- erba cipollina
- pepe
- 1 spicchio d’aglio
- olio EVO
Procedimento
Lavate e mondate le verdure. Portate a bollore una pentola di acqua salata e sbollentate velocemente le verdure separatamente. A mano a mano che le scolate passatele in una ciotola con acqua fredda, in modo da bloccare la cottura e mantenerne il colore. Eliminate la pellicina esterna delle fave e trasferitele in una ciotola capiente con le altre verdure. Lasciare da parte le zucchine e le punte di asparagi.
Lessare il grano saraceno decorticato in acqua salata per 15-20 minuti.
Dopo aver lavato accuratamente le lenticchie, metterle sul fuoco in acqua fredda. Portare ad ebollizione e proseguire la cottura a fuoco lento per circa 20 minuti. Salare verso fine cottura. Scolatele, cotte ma al dente, e lasciate intiepidire.
Preparate la citronette. Grattugiate la scorza del limone, dopo averlo ben lavato, e asciugatelo. Tritate l’erba cipollina e il basilico, aggiungeteli nel mortaio insieme alla scorza del limone e all’olio e lavorate fino ad ottenere un’emulsione cremosa. Regolate di sale e pepe, mescolate bene e filtrare la citronette con un colino.
Scaldare l’olio con l’aglio, cuocere i gamberetti e una volta cotti aggiungere le zucchine e le punte di asparagi.
Unite il grano saraceno con le verdure, le lenticchie, i gamberetti, condite con la citronette, mescolate bene e servite.
da Francesca Rizzello | Apr 11, 2017 | Alimenti, Ricette
Finita la stagione fredda possiamo divertirci a preparare il kefir di latte. A voi la fantasia per il suo condimento, io preparo una combinazione di cereali, o biscotti, frutta fresca di stagione e semi vari (semi di chia o di girasole o di lino o un mix di cereali), senza aggiungere zuccheri. Lo utilizzo per la colazione ma è anche un ottimo e sano spuntino nelle calde giornate estive.
Il kefir è un vero elisir di lunga vita. È ricco di probiotici, contiene minerali come il calcio, il magnesio, il fosforo e lo zinco, amminoacidi come il triptofano, che ha effetti terapeutici sul sistema nervoso. È ricco di vitamine del gruppo B e vitamina K. È povero di lattosio e può essere consumato anche da coloro che ne sono intolleranti e può essere utilizzato anche dai diabetici in quanto non richiede l’utilizzo dello zucchero.
Vediamo cosa dice la scienza riguardo ai suoi effetti benefici.
Dall’articolo di Bourrie et al. “The Microbiota and Health Promoting Characteristics of the Fermented Beverage Kefir”. Frontiers in Microbiology, 2016.
I prodotti lattiero-caseari fermentati sono stati a lungo associati con la capacità di conferire benefici per la salute in coloro che li consumano regolarmente. Anche se non così ampiamente popolare rispetto agli altri prodotti caseari fermentati, come lo yogurt e il formaggio, il kefir veniva consumato dalle comunità caucasiche già 100 anni fa. La bevanda ha una consistenza leggermente viscosa e un sapore acido e viene preparato tradizionalmente con latte di mucca, ma può essere fatto anche con il latte di capra, di pecora, di bufala o con il latte di soia. Una delle caratteristiche che distinguono il kefir dagli altri prodotti lattiero-caseari fermentati è la presenza dei grani di kefir che derivano da matrici di proteine e polisaccaridi che contengono una vasta popolazione di specie di batteri e funghi, essenziali per la fermentazione.
Oltre alla popolazione microbica, questa bevanda contiene anche una grande varietà di prodotti di fermentazione, come acidi organici e composti aromatici, composti volatili, come etanolo, acetaldeide, e diacetile. Un altro prodotto del processo di fermentazione è il kefiran, un esopolisaccaride prodotto da L. kefiranofaciens, presente anche nel liquido di fase, dove contribuisce alla reologia e la consistenza del prodotto finito. Le specie batteriche maggiormente presenti nel kefir sono Lactobacillus, Lactococcus, Streptococcus e Leuconostoc. Riguardo ai lieviti sono stati identificati tre generi principali: Saccharomyces, Kluyveromyces e Candida.
A causa dell’elevata complessità delle specie microbiche del kefir, il latte fermentato contiene una moltitudine di microrganismi e prodotti del loro metabolismo. Questa combinazione di organismi microbici vivi e metaboliti contribuisce a una vasta gamma di effetti benefici per la salute attribuiti al kefir.
Vediamo in breve quali sono.
- È in grado di ridurre i livelli di colesterolo dal 41 all’84% dopo 24h e 48h di fermentazione rispettivamente.
- Diminuisce la pressione arteriosa e l’attività dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE).
- Il consumo di kefir o kefiran è stato associato a un aumento dei microrganismi benefici, come Lactobacillus e Bifidobacterium e contemporaneamente a una riduzione delle specie microbiche patogene, come Clostridium perfringens.
- Ha attività antibatterica e antifungina.
- Significativa attività antitumorale contro molteplici tipi di cellule di cancro.
- È in grado di modulare il sistema immunitario e di reclutare le cellule immunitarie per aiutare il processo di guarigione delle ferite.
- Sia il kefir che il kefiran sono associati a una minore incidenza di malattie allergiche
Come preparare il Kefir
Ingredienti
- 50g di granuli di Kefir di latte
- ½ L di latte
Preparazione
- Mettete i granuli di Kefir in un contenitore di vetro con coperchio
- Versate il latte
- Chiudete il recipiente e lasciarlo a temperatura ambiente (in estate in frigorifero)
- Dopo 24-48 ore il kefir sarà pronto (consistenza densa). Durante la fermentazione è consigliabile mescolate ogni tanto per evitare che diventi troppo acido. Le ore di fermentazione possono essere anche meno (dipende dalla temperatura e dal rapporto grani/latte)
- Filtrate il Kefir con un colino di plastica per separare i granuli dal latte fermentato
- Riutilizzare i grani per una nuova fermentazione
Si può conservare in frigorifero anche per 1 settimana (ma il gusto diventerà sempre più acido perché la fermentazione continuerà). I grani possono essere anche congelati e riutilizzati successivamente (dopo 12 ore dallo scongelamento).
NB: utilizzare solo materiale in vetro o in plastica quando si manipolano i grani di kefir perché il metallo uccide i microrganismi!
da Francesca Rizzello | Apr 10, 2017 | Alimenti, Ricette
Inizio questa pagina dedicata alle ricette con dei biscotti ottimi per la colazione (io li mangio nel kefir di latte) o per il tè e le tisane.
Adoro il grano saraceno e oggi vi propongo la mia ricetta. Sono una fonte naturale di proteine e fibre.
1 biscotto (circa 9 grammi) contiene 35 kcal.
Ingredienti
- 250 g di farina di grano saraceno integrale
- 150g di farina di tritordeum
- 100g di olio di semi di girasole
- 2 uova medie
- 50g di gocce di cioccolato fondente
- 1 pizzico di bicarbonato
Procedimento
Disporre le farine setacciate sulla spianatoia, aggiungere le uova, l’olio e il bicarbonato ed iniziare ad impastare con le mani fino ad ottenere un impasto dall’aspetto bricioloso. All’ultimo unire le gocce di cioccolato.
Fare un panetto di impasto, avvolgerlo nella pellicola e farlo riposare in frigo per ½ ora.
Mettere l’impasto tra due fogli di carta forno e stenderlo (spessore di 5 millimetri). Ricavare i biscotti con l’aiuto di un taglia biscotti.
Infornare a 180 gradi per 10 minuti circa. I biscotti vanno sfornati quando sono ancora morbidi.
da Francesca Rizzello | Apr 5, 2017 | Alimenti
Il termine carciofo (Cynara cardunculus subsp.scolymus) deriva dall’arabo al-char-schof. Il carciofo è una pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle Composite (Asteracee), tipica dell’Area Mediterranea, coltivata in Italia e in altri paesi sia per uso alimentare che medicinale.
Il carciofo è un antico ortaggio, probabilmente originario dell’Egitto o del Nord dell’Africa. Notizie attendibili sulla sua coltivazione in Italia risalgono al XV secolo, quando dalla zona di Napoli, dove era stata introdotta da Filippo Strozzi, la coltura del carciofo si diffuse dapprima in Toscana e in seguito in molte altre regioni.
Quest’ortaggio, oltre a essere gradito alla maggioranza dei palati, è sempre stato considerato un rimedio per i più svariati problemi dell’organismo. Il carciofo è molto ricco di ferro, è di buon valore nutritivo e di basso apporto calorico. Per la cultura popolare possiede virtù terapeutiche e salutari grazie alla ricchezza della sua composizione: sodio, potassio, calcio, fosforo, ferro, vitamine (A, B1, B2, C, PP), acido malico, acido citrico, tannini e zuccheri consentiti anche ai diabetici. Il carciofo è, quindi, per la tradizione, considerato tonico, stimolatore del fegato, sedativo della tosse, contribuisce a purificare il sangue, fortifica il cuore, dissolve i calcoli e disintossica. Inoltre grazie alla cinarina, una molecola organica di sapore amaro contenuta nelle foglie, nello stelo e nell’infiorescenza, il carciofo svolge un’azione benefica sulla secrezione biliare, favorisce la diuresi renale e regola le funzioni intestinali, inoltre è dimostrato, da numerosi studi clinici, che risulta avere un importante ruolo nell’abbassare il livello del colesterolo. Per la presenza di composti vitaminici, infine riduce la permeabilità e la fragilità dei vasi capillari. In cosmesi invece, il succo svolge un’azione bioattivante, vivificante e tonificante per la pelle devitalizzata e foruncolosi. I suoi decotti aiutano la pelle stanca.
La parte più pregiata della pianta è il capolino. La frazione edule del capolino rappresenta il 30-50% del suo peso intero, il ricettacolo o “fondo” costituisce il 20-25%; tali variazioni sono in funzione della cultivar e dell’epoca di raccolta.
Il capolino del carciofo, allo stato fresco, presenta circa l’86% di acqua e un residuo secco intorno al 14%, la cui composizione varia, passando dalle brattee più esterne a quelle più interne; in particolare, le brattee esterne presentano un elevato contenuto di fibra grezza (33,4% s.s. = sostanza secca), che conferisce la maggiore consistenza coriacea ed un minor contenuto di zuccheri totali (27,3% s.s.) e di proteina grezza (17,7% s.s.) rispetto ai “cuori”, la cui composizione è caratterizzata da una percentuale molto bassa di fibra grezza (9,8% s.s.), utile per una migliore digeribilità, da un’alta percentuale di zuccheri totali (48,2% s.s.) e di proteine (21,2% s.s.). Molto bassa in tutto il capolino è la quantità di lipidi (0,7-1,6% s.s.), mentre lievi sono le differenze delle ceneri (7,5 % s.s. nelle brattee esterne, 6,8 % della s.s. nei cuori). Dall’analisi delle ceneri risulta che rispetto ad altri ortaggi, il carciofo, ha un elevato contenuto di P, K, Ca, Fe, Cu, Zn, Na. Complessivamente il potere calorico del capolino è di circa 40-60 calorie per 100 g di parte edule.
L’analisi della composizione amminoacidica mostra un elevato contenuto di amminoacidi essenziali, come acido aspartico, acido glutammico, arginina, prolina, leucina e lisina, con percentuali generalmente più elevate nei “cuori”, ad eccezione dell’acido aspartico maggiormente presente nelle brattee esterne.
Tra i costituenti del carciofo, le sostanze fenoliche e l’inulina, rivestono particolare interesse sia dal punto di vista nutrizionale che tecnologico.
Da “Caratterizzazione biochimica degli scarti industriali del carciofo: valutazione del loro potenziale utilizzo per la produzione di bio-etanolo” Tesi di laurea sperimentale Dr.ssa Francesca Rizzello
Simboli e mitologia
La pianta chiamata Cynara era già conosciuta dai Greci e dai Romani. A quanto sembra le attribuivano poteri afrodisiaci, infatti prende il nome da una ragazza sedotta da Giove e poi trasformata da questi in carciofo.
Agli arabi andalusani, la pianta del carciofo ispirò versi di particolare eleganza e galanteria. Alfredo Cattabiani, nel suo Florario, riporta i versi del poeta Ben al Talla dove è il frutto, la alchachofa, di genere femminile, a dare il titolo al componimento:
Figlia dell’acqua e della terra, la sua abbondanza si offre
a chi la sospetta chiusa in castello di avarizia.
Sembra per il suo biancore e per l’inaccessibile rifugio,
una vergine greca nascosta in un velo di spade
Più pragmatico è invece il valore attribuito al carciofo nel nostro Paese, come dimostra la frase del duca Emanuele Filiberto di Savoia, il quale, a metà Cinquecento, diceva ai suoi ministri che l’Italia è come un carciofo: bisogna mangiarla foglia dopo foglia.
Infine, sempre Cattabiani, riporta due curiose credenze attorno al carciofo, risalenti al periodo rinascimentale, e relative alla gravidanza; la prima prescriveva: a conoscere se una donna è gravida se le dia a bere quattro once del succo di queste foglie, e se le vomiterà è gravida; mentre la seconda indicava: tenendo l’orina della donna gravida per tre dì in vetro, poi si cola con la pezza di lino bianco, nella quale rimarranno certi animaletti, che rossi denotano maschio e bianchi la femmina.
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