Il termine carciofo (Cynara cardunculus subsp.scolymus) deriva dall’arabo al-char-schof. Il carciofo è una pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle Composite (Asteracee), tipica dell’Area Mediterranea, coltivata in Italia e in altri paesi sia per uso alimentare che medicinale.
Il carciofo è un antico ortaggio, probabilmente originario dell’Egitto o del Nord dell’Africa. Notizie attendibili sulla sua coltivazione in Italia risalgono al XV secolo, quando dalla zona di Napoli, dove era stata introdotta da Filippo Strozzi, la coltura del carciofo si diffuse dapprima in Toscana e in seguito in molte altre regioni.
Quest’ortaggio, oltre a essere gradito alla maggioranza dei palati, è sempre stato considerato un rimedio per i più svariati problemi dell’organismo. Il carciofo è molto ricco di ferro, è di buon valore nutritivo e di basso apporto calorico. Per la cultura popolare possiede virtù terapeutiche e salutari grazie alla ricchezza della sua composizione: sodio, potassio, calcio, fosforo, ferro, vitamine (A, B1, B2, C, PP), acido malico, acido citrico, tannini e zuccheri consentiti anche ai diabetici. Il carciofo è, quindi, per la tradizione, considerato tonico, stimolatore del fegato, sedativo della tosse, contribuisce a purificare il sangue, fortifica il cuore, dissolve i calcoli e disintossica. Inoltre grazie alla cinarina, una molecola organica di sapore amaro contenuta nelle foglie, nello stelo e nell’infiorescenza, il carciofo svolge un’azione benefica sulla secrezione biliare, favorisce la diuresi renale e regola le funzioni intestinali, inoltre è dimostrato, da numerosi studi clinici, che risulta avere un importante ruolo nell’abbassare il livello del colesterolo. Per la presenza di composti vitaminici, infine riduce la permeabilità e la fragilità dei vasi capillari. In cosmesi invece, il succo svolge un’azione bioattivante, vivificante e tonificante per la pelle devitalizzata e foruncolosi. I suoi decotti aiutano la pelle stanca.
La parte più pregiata della pianta è il capolino. La frazione edule del capolino rappresenta il 30-50% del suo peso intero, il ricettacolo o “fondo” costituisce il 20-25%; tali variazioni sono in funzione della cultivar e dell’epoca di raccolta.
Il capolino del carciofo, allo stato fresco, presenta circa l’86% di acqua e un residuo secco intorno al 14%, la cui composizione varia, passando dalle brattee più esterne a quelle più interne; in particolare, le brattee esterne presentano un elevato contenuto di fibra grezza (33,4% s.s. = sostanza secca), che conferisce la maggiore consistenza coriacea ed un minor contenuto di zuccheri totali (27,3% s.s.) e di proteina grezza (17,7% s.s.) rispetto ai “cuori”, la cui composizione è caratterizzata da una percentuale molto bassa di fibra grezza (9,8% s.s.), utile per una migliore digeribilità, da un’alta percentuale di zuccheri totali (48,2% s.s.) e di proteine (21,2% s.s.). Molto bassa in tutto il capolino è la quantità di lipidi (0,7-1,6% s.s.), mentre lievi sono le differenze delle ceneri (7,5 % s.s. nelle brattee esterne, 6,8 % della s.s. nei cuori). Dall’analisi delle ceneri risulta che rispetto ad altri ortaggi, il carciofo, ha un elevato contenuto di P, K, Ca, Fe, Cu, Zn, Na. Complessivamente il potere calorico del capolino è di circa 40-60 calorie per 100 g di parte edule.
L’analisi della composizione amminoacidica mostra un elevato contenuto di amminoacidi essenziali, come acido aspartico, acido glutammico, arginina, prolina, leucina e lisina, con percentuali generalmente più elevate nei “cuori”, ad eccezione dell’acido aspartico maggiormente presente nelle brattee esterne.
Tra i costituenti del carciofo, le sostanze fenoliche e l’inulina, rivestono particolare interesse sia dal punto di vista nutrizionale che tecnologico.
Da “Caratterizzazione biochimica degli scarti industriali del carciofo: valutazione del loro potenziale utilizzo per la produzione di bio-etanolo” Tesi di laurea sperimentale Dr.ssa Francesca Rizzello
Simboli e mitologia
La pianta chiamata Cynara era già conosciuta dai Greci e dai Romani. A quanto sembra le attribuivano poteri afrodisiaci, infatti prende il nome da una ragazza sedotta da Giove e poi trasformata da questi in carciofo.
Agli arabi andalusani, la pianta del carciofo ispirò versi di particolare eleganza e galanteria. Alfredo Cattabiani, nel suo Florario, riporta i versi del poeta Ben al Talla dove è il frutto, la alchachofa, di genere femminile, a dare il titolo al componimento:
Figlia dell’acqua e della terra, la sua abbondanza si offre
a chi la sospetta chiusa in castello di avarizia.
Sembra per il suo biancore e per l’inaccessibile rifugio,
una vergine greca nascosta in un velo di spade
Più pragmatico è invece il valore attribuito al carciofo nel nostro Paese, come dimostra la frase del duca Emanuele Filiberto di Savoia, il quale, a metà Cinquecento, diceva ai suoi ministri che l’Italia è come un carciofo: bisogna mangiarla foglia dopo foglia.
Infine, sempre Cattabiani, riporta due curiose credenze attorno al carciofo, risalenti al periodo rinascimentale, e relative alla gravidanza; la prima prescriveva: a conoscere se una donna è gravida se le dia a bere quattro once del succo di queste foglie, e se le vomiterà è gravida; mentre la seconda indicava: tenendo l’orina della donna gravida per tre dì in vetro, poi si cola con la pezza di lino bianco, nella quale rimarranno certi animaletti, che rossi denotano maschio e bianchi la femmina.
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